IL GATTO SELVATICO EUROPEO E I SUOI RITMI NOTTURNI

Incuriositi da una notizia apparsa sulla pagina social di Selvatica – Natura e Cultura, un’associazione che riunisce sotto questo evocativo nome naturalisti, biologi, guide ambientali e anche semplici cittadini che hanno a cuore la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente, abbiamo voluto approfondire con uno dei soci fondatori, Marco Lucchesi, la “vita segreta” del gatto selvatico europeo. Nella fattispecie ci siamo fatti raccontare quali sono i punti principali di una ricerca pubblicata recentemente sulla rivista Mammalian Biology che vede protagonista questo piccolo felino così ancora poco conosciuto. Una specie talmente elusiva da meritarsi l’appellativo di “fantasma dei boschi”. Lo studio in questione, dal titolo The rhythm of the night: patterns of activity of the European wildcat in the Italian peninsula (Lazzeri, Fazzi, Lucchesi, Mori, Velli, Cappai, Ciuti, Ferretti, Fonda, Paniccia, Pavanello, Pecorella, Sangiuliano, Sforzi, Siclari, Spada – Nda) rivela gli orari in cui questo felide è più attivo, andando a colmare una serie di vuoti conoscitivi sulla sua ecologia di base. A riguardo, sono stati campionati dati provenienti da diversi progetti di foto-trappolaggio tra il 2009 e il 2021, da 285 siti in tutta Italia, con oltre 65.800 “notti-trappola”. Come ben ci spiega lo stesso Lucchesi…

Il primo dato da cui partire è “chi è il gatto selvatico”: Felis silvestris silvestris è un meso carnivoro distribuito sul continente europeo. In Sardegna e in Corsica è presente il gatto selvatico africano (Felis silvestris lybica) che è diffuso in Africa e nel vicino Oriente ed è il “progenitore” del gatto domestico (Felis silvestris catus). In Italia esistono quattro “sub popolazioni”: peninsulare, siciliana, ligure-occidentale e orientale-alpina. Nonostante la specie sia stata studiata per diversi aspetti della sua ecologia e morfometria anche nel recente passato (da ricordare il contributo alla sua conoscenza dato dal prof. Ragni e dal suo gruppo di ricerca dell’Università di Perugia), in realtà le conoscenze acquisite sono da ritenersi piuttosto parziali: di fatto il gatto selvatico vive a densità molto basse e ha un comportamento criptico, che lo rende difficilmente “contattabile”. Il suo status conservazionistico a livello italiano e continentale risente della mancanza di informazioni ecologiche verificate sotto il profilo scientifico, fondamentalmente per l’assenza di studi effettuati su larga scala.

Il foto-video trappolaggio che ha preso piede sia nel mondo scientifico che nel mondo ‘amatoriale’ negli ultimi 10-15 anni, ci ha fornito le basi tecniche per affrontare alcune specifiche analisi riguardo i ‘ritmi di attività’ della specie su scala nazionale, fornendo delle risultanze originali che non avrebbero potuto emergere tramite indagini effettuate su scala ‘locale’. Il pool di dati che abbiamo utilizzato, – spiega Lucchesi – composto da 1300 foto-video provenienti da 14 aree di studio nel periodo 2009-2021 (dati provenienti dalle ricerche effettuate dai membri del gruppo di lavoro e forniti da altri 20 soggetti, ricercatori o appassionati), ci hanno permesso di analizzare statisticamente 975 ‘eventi indipendenti’ della specie da 285 siti di foto-trappolaggio (per uno sforzo di campionamento di 65.802 ‘notti trappola’) distribuiti dall’arco alpino orientale fino all’Aspromonte. Sulla base della letteratura scientifica disponibile abbiamo formalizzato 5 ‘ipotesi’ da verificare tramite le analisi e le elaborazioni effettuate: a) il gatto selvatico europeo dovrebbe presentare prevalente comportamento ‘notturno’ in tutte le aree di studio; b) l’attività della specie non dovrebbe cambiare con la latitudine o con le regioni biogeografiche (alpina, continentale, mediterranea, per il nostro Paese); c) l’attività della specie dovrebbe presentare delle variazioni stagionali; d) come verificato su altre specie di carnivori, l’attività di caccia dovrebbe essere favorita nelle notti di luna piena, quindi più luminose. Di conseguenza, i movimenti della specie dovrebbero essere più evidenti; e) l’attività diurna dovrebbe aumentare con la distanza dalle principali arterie stradali (fattore preso come elemento indice dell’impatto antropico)”.

Utilizzando diversi modelli matematico-statistici tesi a stimare i patterns di attività della specie a livello temporale, con l’aiuto di softwares Gis per individuare e quantificare le variabili ambientali legate a tali patterns, il gruppo è giunto a risultati che hanno in parte confermato e in parte smentito le ipotesi formulate. Ipotesi a): il gatto selvatico europeo conferma una prevalente attività notturna, con più del 70% degli eventi analizzati che ricade nelle ore di oscurità, con picchi di attività alle 22.00 ed alle 4.00 di mattina. Da notare, in questo contesto, come meno del 10% degli eventi ricada nelle fasce orarie crepuscolari (alba o tramonto). Ipotesi b)-c): non sono state registrate differenze significative nei patterns di attività a diverse latitudini e nelle diverse regioni biogeografiche (come ipotizzato), ma non sono state rilevate differenze neanche a livello stagionale (a differenza di quanto ipotizzato). Ipotesi d): il fattore “luce notturna” (ad esempio luna piena) nell’aumento dei ritmi di attività, pattern collegabile alla caccia, non è stato verificato. Anzi, il 70% degli eventi è legato alla totale o prevalente oscurità. Ipotesi e): il 20% degli eventi “diurni” che sono stati rilevati non sono influenzati dalla distanza da “strutture antropiche” come le strade asfaltate (nostra ipotesi), ma sono favoriti dalla presenza di vegetazione arbustiva e di cespugliate.

Dal punto di vista interpretativo è evidente come tutti i patterns rilevati e confermati statisticamente sono collegabili alla “sincronizzazione” dell’attività predatoria del gatto selvatico europeo, con la presenza in ambiente delle sue specie preda principali (lagomorfi, micro mammiferi come le arvicole, ma anche uccelli, rettili ed artropodi), sfruttando la “diurnalità” di alcune di esse o la loro tendenza a muoversi nelle notti più buie per sottrarsi alla predazione di altre specie di carnivori. In un ambiente di totale oscurità può sfruttare le sue ben note (e verificate scientificamente) capacità sensoriali (udito, olfatto e vista in assenza di luce) con un beneficio sull’efficienza predatoria (misurato per l’appunto in questo studio). Contemporaneamente, concentrando l’attività nelle notti con minore luce lunare, il piccolo felino riesce a sfruttare una nicchia temporale lasciata libera dai carnivori di dimensione maggiore, suoi potenziali competitori o predatori, come il lupo (presente in tutte le aree di studio) e la lince (presente nelle Alpi orientali). Tale fenomeno di “evitamento” temporale è stato verificato anche in altri felidi di medie dimensioni: l’ocelot, in Sud America, si muove nelle notti di luna nuova in presenza di alte densità di giaguaro e puma.

L’attività diurna della specie, – sottolinea Lucchesi – oltre come ricordato precedentemente ad essere legata ai movimenti di alcune sue prede, viene favorita dalla disponibilità di ‘ambienti rifugio’, che abbiamo verificato essere, anziché habitat boschivi (il gatto selvatico europeo è considerato un mammifero ‘forestale’), ambienti arbustivi e cespugliati. La presenza di tali rifugi, oltre a rendere la specie più contattabile nelle ore di luce, fa sì che elementi antropici come le strade (note come importanti cause di mortalità per la specie, previo investimento) risultino trascurabili nell’influenzare i ritmi di attività del felide”.

In sintesi, questi sono stati i risultati della ricerca, che possono rappresentare la base per ulteriori approfondimenti, volti alla migliore conoscenza, quindi conservazione, di un carnivoro italiano ed europeo con un importante ruolo ecologico e che indica, altresì, una grande complessità e stabilità raggiunta da alcuni nostri ecosistemi. Un ultimo elemento da sottolineare, è un primo “aggiornamento” della distribuzione della specie a livello italiano contenuto nei materiali allegati all’articolo uscito su Mammalian Biology, che ha originato anche un contributo, portato al XII Congresso italiano di Teriologia in forma di poster. Da segnalare inoltre che il Museo di Storia naturale della Maremma, insieme all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), si occupa del Progetto nazionale gatto selvatico: portale su cui vengono inserite le segnalazioni riguardanti la specie per arrivare all’aggiornamento completo della sua distribuzione. Si ringraziano Marco Lucchesi e Andrea Sforzi (direttore del Museo di Storia naturale della Maremma) per la preziosa collaborazione.


Tratto da “Il gatto selvatico europeo e i suoi ritmi notturni”, di Francesca Domenichini, Caccia &  Tiro 10/2022.


Il foto-video trappolaggio che ha preso piede sia nel mondo scientifico che nel mondo “amatoriale” negli ultimi 10-15 anni, ha fornito le basi tecniche per affrontare alcune specifiche analisi relative ai “ritmi di attività” del gatto selvatico europeo su scala nazionale – Foto Archivio Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio (Lucchesi/Tedaldi)


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