DALLE ALPI ALLA LAGUNA, QUESTO È IL VENETO VENATORIO

Una marcia inarrestabile, quella che da tempo ci sta portando a stretto contatto con le realtà Federcaccia che costellano l’Italia dal Nord al Sud passando per il Centro. E ora ci intratteniamo con il vice presidente della Fidc Veneto, Emiliano Galvanetto, riportando alcuni stralci dell’intervista che ha rilasciato recentemente sul numero di giugno della nostra rivista.

Ricca di territori e di tradizioni, il Veneto è una regione che si può definire una vera e propria perla rara. Per questo la gestione della caccia comporta attenzioni diverse da tutte le altre regioni.

Vice presidente, nella sua regione esiste una varietà di territori molto rara: dalla laguna alle Alpi, con tutto quello che si può trovare nel mezzo. Come viene gestita la caccia?
Il Veneto è una regione con una varietà venatoria di tutto rispetto e viene gestita nella Zona Alpi sostanzialmente con riserve di dimensione comunale, nella pianura esistono gli Atc che si differenziano come estensione da pochi comuni (5/6) a quelli più grandi, che ne comprendono anche fino a 45. Inoltre, c’è la zona lagunare valliva all’interno degli Ambiti. Pertanto sono praticati tutti i tipi di caccia, dalla fauna tipica alpina agli ungulati e alla selvaggina stanziale, a quella alla piccola migratoria sia da capanno che in forma vagante. E per finire abbiamo le zone umide nelle quali ci sono appostamenti fissi e temporanei”.

Anche il Veneto deve confrontarsi con due subdole quanto gravi minacce: la Peste suina africana e l’influenza aviaria. Com’è la situazione e cosa possono fare i cacciatori al riguardo?
Per le due criticità citate il ruolo del cacciatore è molto importante: prima di tutto perché esercita una costante vigilanza sul territorio e con il suo intervento può scongiurare il diffondersi di queste epidemie che tutti si augurano non possano prendere il sopravvento”.

Pavoncella, canapiglia, frullino, beccaccino e mestolone: sono state tutte specie oggetto di sospensiva da parte del Tar. Come dirigente venatorio regionale, quale strada deve seguire la Regione per evitare questi stop?
A mio avviso la Regione deve innanzitutto aprire un confronto diretto con Ispra, cosa che proprio in questi giorni, da quello che ci è stato detto, sta succedendo e utilizzare in modo più incisivo la collaborazione con il mondo scientifico e l’Ufficio Studi e Ricerche di Federcaccia per supportare le scelte che vengono fatte sul calendario venatorio”.

Due degli aspetti più curati da parte della Fidc Veneto sono la formazione e l’informazione: per la prima sono stati organizzati dei corsi, i più recenti a Verona, Padova e Belluno. Per la seconda viene pubblicato il periodico “Federcaccia Veneto”. Quanto è utile questo sforzo non solo organizzativo?
Lo sforzo organizzativo intrapreso con la presidenza di Gianpiero Possamai e tutta la sua squadra sta dando i primi risultati sia in termini associativi che qualitativi. Stiamo portando avanti, oltre che un’informazione attenta e qualificata, anche una serie di servizi al passo con i tempi. Stiamo inoltre investendo anche sulla formazione sia dei cacciatori sia dei dirigenti per essere sempre più moderni. Un grosso investimento organizzativo ci vede coinvolti nel valorizzare due categorie – donne e giovani – che per troppo tempo non hanno trovato il giusto spazio all’interno dell’organizzazione”.


Tratto da “Dalle Alpi alla laguna, questo è il Veneto venatorio”, di Jacopo Foti, Caccia & Tiro 6/2022


In Veneto sono praticati tutti i tipi di caccia, dalla fauna tipica alpina agli ungulati e alla selvaggina stanziale, a quella alla piccola migratoria sia da capanno che in forma vagante. E per finire le zone umide, nelle quali ci sono appostamenti fissi e temporanei.


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