UFFICIO STUDI E RICERCHE FIDC: SULLA ROTTA DELLA SCIENZA – AUDIO

In una società e in una politica fatta di tifosi e di azioni emotive, amplificata dal mondo dei social che sempre più la rappresentano in maniera plastica, è la scienza che può fare la differenza nelle scelte che caratterizzano questa o quella branca della cosa pubblica. La caccia non fa certo eccezione. Anzi. Proprio la scienza ha fatto la differenza in ambito venatorio negli ultimi 15 anni, ponendo un argine determinante al dilagare dei ricorsi al Tar promossi dalle sigle anticaccia contro questo o quel calendario venatorio regionale. Sotto questo punto di vista, la Federazione italiana della caccia ha precorso i tempi tracciando la rotta, almeno in Italia, verso la giusta collaborazione tra il mondo venatorio e quello scientifico ai fini di una corretta gestione del patrimonio faunistico. Sin dai primi anni Duemila, infatti, Federcaccia si avvale del supporto della scienza nella stesura di progetti e nell’elaborazione di ricerche volte a sostenere le Regioni italiane nella gestione e nello studio della fauna con ricadute importanti in sede di composizione e approvazione dei calendari venatori.

L’Ufficio Studi e Ricerche faunistiche e agro-ambientali di Federcaccia ha lo scopo di mettere a sistema e di concretizzare l’enorme patrimonio di conoscenze posseduto dal mondo venatorio. È diretto da Lorenzo Carnacina e coordinato da Michele Sorrenti, che si avvale del vice coordinatore Daniel Tramontana. A livello giuridico conta sulla professionalità dell’avvocato Alberto Maria Bruni, mentre lunga è la lista di consulenti e collaboratori che si interfacciano con il coordinamento per quanto concerne i singoli progetti relativi a una o più specie selvatiche. Fin dalla sua istituzione, la struttura è impegnata in una serie di ricerche in atto e nella programmazione di quelle future, con la finalità di rendere i cacciatori parte dei programmi di monitoraggio e di studio della fauna selvatica, delle componenti ambientali e degli habitat. Diverse, come noto, sono le ricerche già pubblicate su riviste scientifiche o presentate in congressi riconosciuti in sede comunitaria e internazionale. Si pensi ad esempio al progetto Scolopax Overland, in atto dal 2010 mediante l’utilizzo della telemetria satellitare e Gps/Gsm per lo studio della migrazione della beccaccia. Una ricerca che consente di tracciare con precisione gli spostamenti degli individui, osservando il ripetersi dei percorsi e il reiterarsi della fedeltà ai medesimi luoghi di svernamento e nidificazione. Lo stesso dicasi per il progetto pluriennale Anasat dell’Acma, partito nel 2013 e tuttora in corso, dedicato agli anatidi e alla folaga con l’obiettivo di determinare la fenologia migratoria, le rotte di migrazione e le aree di nidificazione di alcune popolazioni svernanti in Italia.

Alla Federcaccia Lombardia si deve invece lo studio sulla migrazione prenuziale della cesena, con 53 soggetti equipaggiati di radiotelemetria satellitare, catturati in vari impianti di cattura e rilasciati in libertà. Il progetto, partito nel 2016 e concluso nel 2020, ha permesso di appurare che la migrazione prenuziale parte durante i mesi di febbraio e marzo e che i siti di riproduzione si trovano a latitudini piuttosto alte, molto spesso in Russia. Completano la “serie telemetrica” lo studio sperimentale sul tordo bottaccio (partito nel 2021 e tuttora in corso), utilissimo per determinare la decade di inizio della migrazione prenuziale per le due specie e lo studio della fenologia e del comportamento migratorio del beccaccino, che dal 2018 al 2020 ha permesso di studiare gli spostamenti migratori dei soggetti svernanti in Italia. Ci sono poi le ricerche realizzate con inanellamento, come quella sull’allodola che va avanti dal 2011 in Campania, sul tordo bottaccio in Puglia, Lazio, Campania e Calabria, che si è protratta dal 2011 al 2015. E ancora, i progetti tramite telemetria Vhf (Very high frequency, ossia altissima frequenza), come quello sullo svernamento e l’inizio della migrazione prenuziale dei turdidi in Umbria, svoltosi dal 2012 al 2014 e quello sul successo riproduttivo della tortora africana in alcune aree campione della Toscana, partito nel 2021 e tuttora in corso. Di assoluta importanza, inoltre, lo studio dei prelievi dell’avifauna migratoria ai fini di determinare le strutture delle varie popolazioni attraverso il tempo e le stagioni venatorie. Si tratta dei famosi diari di caccia, che dal 2010 prevedono la raccolta delle ali dei capi abbattuti appartenenti a numerose specie: turdidi, anatidi, scolopacidi, quaglia, tortora e pavoncella.

Fin qui quanto concerne l’avifauna migratoria. Riguardo la fauna stanziale, l’attività dell’Ufficio non è certo da meno: dal 2017 a oggi è in atto la ricerca sulla lepre italica in Sicilia, allo scopo di garantirne un monitoraggio attendibile e un prelievo venatorio sostenibile; nel 2019 sono partite le indagini parassitologiche su lepre italica e lepre europea, rispettivamente in Sicilia e in Toscana; dello stesso anno è il via del progetto Life Perdix sulla starna italica, volto al recupero e alla reintroduzione di popolazioni geneticamente pure del ceppo italico, in grado di riprodursi in natura; dal 2017 al 2019 si è attuata la sperimentazione di un protocollo operativo per la cattura e il rilascio dei conigli selvatici in alcune aree dell’agrigentino, mentre sempre nel 2019, mediante la tecnica del pellet count – vale a dire l’esame delle feci sul terreno – si è svolta la stima della densità della popolazione del piccolo lagomorfo in 14 Ambiti territoriali di caccia siciliani. E ancora: sempre a proposito di coniglio selvatico, nel 2021 l’Ufficio ha curato la definizione di un protocollo operativo per il monitoraggio della specie. Dalla Sicilia alle Alpi, sempre del 2021 è il protocollo operativo per il monitoraggio della popolazione di lepre variabile in Valle d’Aosta, mentre per quanto concerne il cinghiale, Umbria e Calabria sono state protagoniste, rispettivamente, della stesura di un piano di gestione della specie e di un progetto pilota specifico. Infine, dal 2014 è tuttora attivo il progetto della Banca dati nazionale, con l’obiettivo di raccogliere e inserire i dati cartografici e numerici relativi alle varie popolazioni, anche attraverso la realizzazione di un software per la raccolta dei dati sulla consistenza, distribuzione, prelievo e controllo numerico degli animali. Ci si potrebbe dilungare ancora a lungo, parlando ad esempio della ricerca sulle Zone umide ripristinate e gestite dai cacciatori, in piedi dal 2018 ad oggi, oppure degli interventi dimostrativi di miglioramento ambientale per la piccola selvaggina stanziale, posti in essere nell’area di Pomezia all’interno dell’Atc Roma 2. Ma è preferibile, in questa sede, sapere dal coordinatore scientifico dell’Ufficio, Michele Sorrenti, quali sono i nuovi progetti in cantiere e la loro funzionalità.

Nel dicembre 2021 siamo partiti in via sperimentale con la telemetria satellitare sul tordo bottaccio in Sardegna – dichiara a “Caccia & Tiro” – e i primi riscontri ci hanno soddisfatto e incoraggiato a continuare su questa strada. Dei 6 individui equipaggiati in dicembre, oggi 4 inviano dati, il che ci mette nelle condizioni di poter identificare gli spostamenti all’interno dell’isola e soprattutto quelli migratori in senso sia di direzione, sia di data di inizio migrazione. Il punto è che l’Ispra sostiene che la migrazione prenuziale del tordo bottaccio avrebbe inizio già a gennaio nell’asse Sardegna-Liguria e ha fissato il key concept, principalmente su questa assunzione, alla prima decade di gennaio. L’esperienza insegna che la telemetria è il metodo più idoneo per comprendere la fenologia degli spostamenti, visto che non è soggetta agli errori tipici degli altri sistemi di studio. Con i dati telemetrici riusciamo a capire perfettamente fin quando i selvatici rimangono nei luoghi di svernamento e quando, invece, danno inizio alla migrazione prenuziale”. E se è vero che i trasmettitori in questione sono molto costosi, è innegabile la loro funzionalità e affidabilità, il che significa che la strada da percorrere è esattamente questa. Stiamo vedendo se è possibile reperire ulteriori contributi– spiega ancora il coordinatore –per poter acquistare altri trasmettitori ed equipaggiare così altri tordi bottacci in altre zone d’Italia”. I 6 trasmettitori utilizzati inizialmente sono frutto delle iniziative di Federcaccia nazionale, ma non è escluso che sezioni locali, così come Ambiti territoriali di caccia, possano decidere di contribuire materialmente e finanziare il potenziamento del monitoraggio che può salvare i calendari venatori in tutta Italia.

A proposito di calendari, discorso a parte merita la tortora africana. Dopo lo studio in Toscana, di cui si è detto in apertura, la ricerca sul successo riproduttivo proseguirà anche al Sud. “Da quest’anno cerchiamo di allargarci in un’altra zona della Toscana e di monitorare anche un’area in Calabria – spiega Sorrenti – allo scopo di vedere quante covate realizza una coppia e quanti piccoli sopravvivono fino all’involo durante un’intera stagione riproduttiva. Per raggiungere questo obbiettivo si procede con le osservazioni delle coppie e l’ascolto dei maschi cantori, dopodiché si cercano i nidi”. Un’operazione, quest’ultima, che risulta spesso difficoltosa e potenzialmente pericolosa per il successo del monitoraggio. “Sì, in effetti trovare i nidi di tortora è spesso molto complesso – conferma il coordinatore – visto che questi columbiformi cercano il fitto della vegetazione, spesso quasi inaccessibile. Ciò rende difficile non soltanto individuare e identificare il nido, ma anche seguire l’evoluzione del processo riproduttivo e poi di cura dei piccoli, perché si rischia di disturbare con il troppo movimento delle frasche e il troppo rumore. Ecco perché occorre personale altamente qualificato, che sappia avvicinare i nidi senza disturbare le madri in cova o i pulcini non ancora in grado di volare, che potrebbero tentare la fuga senza essere capaci di sopravvivere. Ad ogni modo – conclude Sorrenti – l’areale dell’Europa centro-orientale, vale a dire il nostro areale tranne Liguria e Piemonte, non possiede ancora dati di questo tipo, mentre in Francia e nella penisola iberica questi dati sono disponibili. La Commissione Europea ce li ha richiesti espressamente ma, proprio come è accaduto per l’allodola, al momento soltanto il mondo venatorio si è mosso per reperirli, tanto in Italia quanto in molti altri Paesi europei. Andiamo avanti”.

Tra le altre iniziative di vivo interesse possiamo segnalare la convenzione, che partirà entro il 2022, con il professor Ezio Ferroglio del Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Veterinaria di Torino, per una raccolta dati relativi alla collaborazione del mondo venatorio in tutta Italiae a livello internazionale – riguardo la gestione di patologie della fauna selvatica, inquadrata nell’ambito del concetto One Health, promosso da Fao, Unep e Organizzazione mondiale della Sanità. Infine, è in cantiere il progetto di studio sulla possibile ibridazione del cervo europeo con il cervo sika (Cervus nippon), alloctono originario del Giappone e introdotto in Italia in alcuni recinti. Scopo dello studio, appunto, è appurare se sussista o meno il rischio di ibridazione di questa specie con il nostro cervo italico (Cervus elaphus). Lo studio sarà condotto con analisi genetiche di campioni biologici raccolti nel corso dell’attività venatoria.

 


Tratto da “Ufficio Studi e ricerche Fidc: sulla rotta della scienza”, di Daniele Ubaldi, Caccia & Tiro 05/2022.


Michele Sorrenti, coordinatore dell’Ufficio Studi e Ricerche Federcaccia, commenta uno dei progetti in corso d’opera, quello sul tordo bottaccio.


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