Sappiamo ormai da diversi anni (ben 30) quanto sia importante la preparazione fisica nella pianificazione annuale del tiratore. Si è passati, nel corso di questo trentennio, dal considerarla un optional al non poterne fare più a meno. Per il sottoscritto ci sono stati momenti veramente difficili, soprattutto all’inizio della mia esperienza come preparatore atletico in Federazione. Negli anni ‘90 la squadra italiana di tiro a volo era formata da atleti di assoluto valore (Giovannetti, Basagni, Cioni, Pera, Scribani Rossi, Giovannangelo, Benelli, Giardini, Falco). Atleti che tutto il mondo ci invidiava e temeva. Era la squadra da battere. Talenti che in pedana facevano suonare note di una melodia unica. Vederli sparare era come ammirare un quadro del Botticelli. Rimanevi a bocca aperta! La nota stonata era che questi meravigliosi campioni non davano importanza, la maggior parte, alla preparazione fisica. Vincevano quasi sempre. Perché andare in palestra a sudare e a soffrire quando lo stesso risultato lo puoi ottenere facendo il minimo indispensabile? Questa era la situazione che ho trovato nel 1987. Ci ho messo un po’ di tempo per far capire a questi meravigliosi talenti che allenarsi in palestra, dedicare del tempo all’attività fisica non condizionava assolutamente il rendimento in gara. Il risultato era garantito. La cosa positiva era che terminavano la serie in una condizione mentale e fisica ottimale. La fatica dovuta alla prestazione era dimezzata. Questo voleva dire avere più energia per le serie successive e una concentrazione sempre maggiore. Ricordo che in quel periodo le gare erano a 200 piattelli più altri 25 di finale in 3 giorni. Ci voleva una base di resistenza alla fatica non indifferente. Dopo aver fatto comprendere e assimilare l’importanza della preparazione fisica sono passato, con le dovute cautele, all’alimentazione. Durante le gare mangiavano di tutto. Dalla bistecca al fritto, al bere vino rosso. Lentamente, con molta pazienza e perseveranza, anche questo muro è crollato. Ripensando adesso alle difficoltà incontrate, mi viene da sorridere.
Sarebbe impensabile ai giorni nostri avere degli atleti che non curano l’aspetto fisico e alimentare. Ed è frutto di un costante lavoro fatto alla base, a partire dal Settore Giovanile, fiore all’occhiello della nostra Federazione che, avendo nel suo organigramma dei tecnici altamente qualificati, hanno apportato quelle novità, sia di ordine tecnico, didattico e metodologico, atte a migliorare la qualità della preparazione del tiratore. Come dico spesso durante i corsi di formazione e ai raduni: una vittoria non viene a caso. È frutto di una meticolosa programmazione e pianificazione che coinvolge tutto il team. Dal direttore tecnico al preparatore atletico, dal medico federale al fisioterapista, allo psicologo. Ognuno svolge un ruolo determinante per far arrivare l’atleta sul gradino più alto del podio. Spero di non aver annoiato nessuno nell’affermare tutto ciò, ma mi auguro di aver fatto capire come le difficoltà che si incontrano durante il percorso ci fanno apprezzare di più i sacrifici che bisogna compiere per arrivare in alto. Non tutto è scontato. Solo l’allenamento costante e programmato nei minimi particolari ti permette di conseguire il miglior risultato. Il tiro a volo non è come gli altri sport. Da’ il momento di gloria a tutti. Sia a quelli allenati che meno allenati. Leggendo questa frase potreste, giustamente, rimanere un attimo perplessi. Come? Si è parlato finora dell’importanza della preparazione fisica e ora vi dico che anche avendo una condizione atletica non ottimale si possono conseguire risultati di tutto rilievo. Purtroppo, è così. Il nostro sport è atipico. Rispetto al passato le cose sono migliorate tantissimo. Il 90% dei tiratori svolge una programmazione mirata e specifica. Una piccola minoranza invece è rimasta indietro di parecchi anni, non riconoscendo all’attività motoria il suo ruolo fondamentale. Questo a livello anche internazionale. È una piccola minoranza che non fa testo. Però esiste ancora. È giunto pertanto il momento di mettere nero su bianco per capire come bisogna allenarci alle diverse età.
Le capacità motorie da sviluppare nel tiro a volo sono sempre le stesse, ma è fondamentale considerare l’età e il sesso per quantificare al meglio i carichi di allenamento da somministrare. Sappiamo perfettamente che i mesi invernali (novembre – febbraio) sono quelli importanti per la costruzione della forma del nostro tiratore. Devono essere sviluppate quelle capacità motorie che poi, durante il periodo agonistico, dovranno supportare l’atleta nelle diverse competizioni. Per un atleta di elevata qualificazione l’obiettivo principale è la partecipazione alla competizione più prestigiosa dell’anno: Olimpiadi ogni 4 anni. Campionato del mondo ogni anno ad eccezione di quello olimpico, Campionato d’Europa ogni anno nel quadriennio. Per un atleta del Settore Giovanile invece l’obiettivo sarà quello di vincere il Campionato italiano ed essere selezionato per la nazionale Juniores. Per un atleta di Terza/Seconda/Prima categoria, l’obiettivo principale sarà quello di fare il punteggio tecnico o di vincere il Campionato italiano per passare alla categoria successiva e da lì fare la scalata per arrivare ad essere un atleta di elevata qualificazione. Per un atleta Master/Veterano l’obiettivo è il titolo italiano. Ci deve arrivare con una programmazione mirata che deve tenere conto dell’età per poter distribuire i carichi di allenamento nella giusta misura. Questo ci fa capire che nulla può essere lasciato al caso. Tutto deve essere programmato. Vediamo adesso alcuni esercizi che devono far parte del programma motorio di atleti con caratteristiche diverse per età e qualifica di appartenenza.
Esempio numero 1: atleta della specialità skeet, anni 27, facente parte della squadra nazionale.
L’esempio è quello di un circuito funzionale a 5 stazioni (metodo Tabata: 20” lavoro/10” recupero) x 4 round, con 30” di recupero tra un circuito e il successivo.
- Stazione n. 1: dalla stazione eretta spinte in alto dal petto col bilanciere (12 kg);
- stazione n. 2: squat con bilanciere quadrato (piegamento degli arti inferiori a 90°);
- stazione n. 3: addominali libretto (portare le mani a toccare i piedi);
- stazione n. 4: kettlebell swing (elevazione del kettlebell all’altezza occhi per poi riportarlo in basso mantenendo la schiena verticalizzata);
- stazione n. 5: funicelle pari unite (saltare il più velocemente la funicella a piedi uniti).
Analizziamo a questo punto il circuito: la prima cosa da osservare è il metodo Tabata con cui viene svolto. Consiste nell’eseguire ciascun esercizio per 20”, dopodiché ci sono 10” per passare alla stazione successiva. Terminato il circuito (5 stazioni), l’atleta deve recuperare attivamente per 45” prima di ripartire e ripeterlo per altri 4 round. È un lavoro molto faticoso che impegna completamente tutto l’organismo, soprattutto l’apparato cardio-respiratorio e muscolare. Prima di affrontare un circuito del genere è fondamentale che l’atleta nei mesi precedenti abbia creato una buona base aerobica, un lavoro di tonificazione muscolare adeguato e abbia nelle gambe un buon minutaggio di salto alla corda. Capite adesso perché l’atleta in questione ha potuto effettuare il circuito. Ad un atleta con una condizione fisica precaria consiglio di non farlo, per non incorrere in situazioni di una certa gravità che potrebbero anche compromettere la stagione.
Esempio numero 2: atleta (donna) della specialità elica, anni 45. Anche per lei valgono i desiderata espressi per il tiratore dell’esempio numero 1. Indipendentemente dal sesso e dall’età, bisogna essere molto cauti prima di stilare un programma di allenamento. A mettere nero su bianco, come in altre occasioni ricordato, ci vuole pochissimo, ma ciò che viene scritto ha un’importanza fondamentale. Può mettere l’atleta nella condizione di vincere la gara prefissata, oppure di fare un flop tremendo con tutti i risvolti psicologici del caso. Essendo una disciplina non olimpica, sicuramente avrà un calendario meno fitto di gare rispetto a quello delle specialità olimpiche. Pertanto questo fattore permette di avere più tempo a disposizione da dedicare alla preparazione fisica nel periodo preparatorio e di pianificare il picco della forma con meno stress. Per un tiratore non agonista, nel senso che non pratica questo sport a tempo pieno, consiglio di valutare attentamente le esercitazioni da effettuare nel periodo preparatorio, cioè quello invernale. Non mi stancherò mai di ripeterlo, la buona riuscita di una stagione dipende per l’80% da questo periodo. Se le esercitazioni sono state programmate rispettando i princìpi della moderna teoria e metodologia dell’allenamento i risultati non tarderanno. La cosa fondamentale, che purtroppo molti non tengono in considerazione, è che la preparazione fisica deve continuare sempre, persino nel periodo agonistico, dove verranno portati avanti dei lavori di mantenimento (mantenere con opportuni carichi le capacità motorie sviluppate nel periodo precedente). Per la nostra atleta di 45 anni, consiglierei, se non ci sono problemi strutturali che lo impediscono, una camminata veloce (piramidale) inserendo, dopo diverse sedute di allenamento, dei minuti di corsa a ritmo blando, fino ad arrivare ad una autonomia di 30’. Naturalmente questo traguardo non deve essere raggiunto in una settimana, ma almeno in 40 giorni se si programmano 2/3 sedute settimanali. In aggiunta a questo tipo di allenamento, è importante inserire dei lavori per la core stability (esercitazioni per gli addominali in tutte le sue forme) e di equilibrio con il discosit, bosu e fitball. Infine, sarebbe opportuno dedicare delle ore di allenamento allo sviluppo della rapidità (funicelle) e della forza veloce (tonificazione muscolare).
Il preparatore atletico prof. Fabio Partigiani insieme ad un gruppo di Probabili Olimpici dello skeet.