L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha recentemente diffuso, attraverso un Report, i risultati dell’analisi condotta sui tesserini venatori con i dati forniti dalle 19 Regioni e dalle due Province autonome di Trento e Bolzano. Nella sua analisi l’Istituto ha fornito il numero di esemplari abbattuti dal 2017 al 2023 nel nostro Paese per ciascuna delle 36 specie di uccelli cacciabili in Italia, divisi per regioni e stagioni venatorie. In Italia, tra migratorie e stanziali, sono presenti circa 500 specie di uccelli, ci ricorda l’Istituto, “Una comunità ecologica di milioni di individui fondamentale per gli equilibri biologici del pianeta e che connette aree e continenti, a volte, lontanissimi tra loro”. Dal Report Ispra, tra le altre cose, emerge che la specie più cacciata in Italia, in tutte le stagioni venatorie analizzate, è il tordo bottaccio, mentre tra i non passeriformi è il fagiano la specie di maggior interesse venatorio, assieme al colombaccio, di cui Ispra segnala uno stato di conservazione favorevole, con un incremento demografico in tutto il territorio nazionale. Le due specie più cacciate tra gli anatidi sono risultate il germano reale e l’alzavola, mentre tra i passeriformi, escludendo i già citati turdidi, l’allodola è quella per la quale si registrano gli abbattimenti più cospicui a livello nazionale. Nonostante l’importanza del lavoro è lo stesso Istituto ad evidenziare l’incompletezza del Report, evidenziando che le informazioni inviate dalle diverse Regioni, relative al rapporto tra tesserini analizzati sul totale dei tesserini rilasciati, risultano carenti per tutte le stagioni venatorie considerate. I dati, quindi, non permettono di avere un quadro completo sul prelievo venatorio, anche se si registra un significativo miglioramento di afflusso rispetto al precedente decennio. A tal proposito Ispra sottolinea che “un’adeguata raccolta ed analisi dei dati di abbattimento rappresenta uno dei presupposti per la corretta gestione venatoria delle specie”. Riflessione, questa, in perfetta sintonia con quanto da sempre sostiene il mondo venatorio. “Anche io mi associo all’invito a quelle Regioni che non avessero ancora provveduto a trasmettere i dati, perché sono importantissimi”, ha detto il presidente Fidc Massimo Buconi, sottolineando il valore dei dati dei tesserini venatori, dai quali, come ha affermato, si può desumere non solo l’andamento del prelievo, ma anche l’indice di abbondanza delle popolazioni dei selvatici che vengono prelevati. Sin qui abbiamo razionalmente parlato di un interessante episodio di divulgazione scientifica e il buonsenso ci direbbe che non rimanga altro da dire. Purtroppo non è così, perché nel nostro Paese legge e scienza vengono spesso strumentalizzati a scopi “parziali” e nel caso specifico con il solito obiettivo di ostacolare l’attività venatoria. A poco è servito che Ispra, nella presentazione del Report, contestualizzasse i dati in un quadro normativo e gestionale chiaro e ben definito, dove “la ricerca di un equilibrio tra conservazione, tutela, vitalità delle popolazioni di specie ornitiche e pressione venatoria avviene, in Italia, tramite i calendari venatori che, su base regionale, regolamentano l’attività venatoria, stabilendo, su base analitica, le specie cacciabili e i limiti dei carnieri, le giornate, i limiti orari e i periodi dell’anno in cui la caccia è consentita”. Nonostante la sobrietà e l’oggettività con le quali l’Istituto ha presentato il Report si sono comunque innescate le polemiche anticaccia, con associazioni che sono arrivate, come ha ricordato anche il presidente Fidc Buconi, a chiedere ai Ministeri la sospensione dell’attività venatoria in considerazione dei milioni di esemplari di fauna selvatica prelevati, citando questo come un dato negativo per la biodiversità, per l’ambiente o per le stesse popolazioni di fauna selvatica. “Niente di più fuorviante, è una lettura parziale piegata ad un interesse di parte e non certo ad un interesse generale”, ha affermato il presidente Federcaccia, ricordando che i dati vanno interpretati e usati nel modo giusto. Strumentalizzazioni di dati scientifici come queste, a cui nostro malgrado assistiamo ancora, possono servire a qualche presidente di associazione anticaccia a conquistare, per qualche secondo, le “luci della ribalta”, ma questo non rappresenta solo un semplice fastidio per chi in buona fede, e fattivamente, opera a salvaguardia della biodiversità e dell’equilibrio tra specie. Polemiche di questo tipo, suggestionando in parte opinione pubblica e istituzioni, gettano un dannoso velo di oscurità sui temi concreti e ostacolano il raggiungimento di quello che per tutti, ma proprio tutti, dovrebbe essere un obiettivo di interesse comune: la corretta gestione di fauna e territorio.
“Primo piano”, di Valeria Bellagamba, Caccia & Tiro 05/2025.
Nella sua analisi l’Ispra ha fornito il numero di esemplari abbattuti dal 2017 al 2023 nel nostro Paese per ciascuna delle 36 specie di uccelli cacciabili in Italia – Foto Milko Marchetti