Nel corso della propria vita un individuo impara nuovi movimenti solo sulla base di quelli che già possiede. Dal canto suo l’atleta, quando inizia ad apprendere un movimento o una tecnica sportiva, ha sempre a disposizione un certo livello iniziale di capacità di prestazione motoria. Livello iniziale che determina in larga misura con quale rapidità sarà completato il processo di apprendimento. Perciò, se si vuole dare lo start ad una formazione sistematica della tecnica sportiva o ad un insegnamento motorio, si deve sempre partire dall’analisi di questo livello iniziale. E, se necessario, prima di avviare un processo di apprendimento, vanno costruite le basi che mancano. Il livello motorio iniziale dipende pertanto essenzialmente dagli aspetti condizionali e da quelli coordinativi.
GLI ASPETTI CONDIZIONALI E COORDINATIVI
Il livello delle capacità condizionali può essere d’importanza fondamentale per l’andamento di un processo di apprendimento motorio. Per cui avere una buona base di capacità di forza, resistenza, velocità e mobilità articolare è il presupposto per riuscire nell’apprendimento di nuovi gesti motori. Una loro carenza sicuramente porterà l’allievo ad impiegare un tempo maggiore per finalizzare il movimento richiesto. Il livello delle capacità coordinative e quello delle abilità già esistenti determinano la rapidità e la facilità con cui si svolgerà il nuovo apprendimento. La scarsità di esperienze motorie può prolungare e complicare notevolmente un processo di apprendimento. Ecco spiegata l’importanza di far svolgere in età scolare (elementari e medie) attività motorie il più possibile multifunzionali. Come accennato, i due aspetti – condizionali e coordinativi – sono fondamentali per l’apprendimento di un nuovo gesto tecnico. Quante volte ci siamo imbattuti in allievi che avevano difficoltà ad assimilare un nuovo movimento! Il sottoscritto innumerevoli volte. Arrabbiarsi, far ripetere in continuazione il gesto motorio non serve a nulla. Ciò che bisogna analizzare subito è il livello dei presupposti condizionali e coordinativi del nostro atleta. Lì, sicuramente, possiamo trovare la risposta che cerchiamo. Questo però presuppone che l’istruttore abbia delle basi scientifiche adeguate a comprendere come permettere al proprio allievo di superare le difficoltà motorie che incontra nell’apprendere quel determinato gesto. Quindi nell’apprendimento motorio occorre una attività intensa o moderata? Il grande maestro della medicina dell’antichità, Galeno, sostenitore dell’attività fisica come mezzo per ottenere e mantenere uno stato di salute ottimale, nel porsi questo problema rispondeva così: “A me non pare che tutti i movimenti siano esercizi. Solo quando essi sono vigorosi possiamo considerarli tali. Il criterio della vigorosità è indicato dal cambiamento del ritmo respiratorio. Quei movimenti che non alterano il ritmo respiratorio non si possono chiamare esercizi”. Galeno aveva capito che gli esercizi adatti a migliorare la salute dovevano essere vigorosi. Ma non poteva dire con esattezza quanto vigorosi, poiché non aveva a disposizione i mezzi della moderna scienza. Ho fatto riferimento a Galeno perché all’inizio della mia carriera come preparatore atletico della squadra italiana nel 1987, ho trovato molta difficoltà nel graduare l’intensità dei vari esercizi da sottoporre ai tiratori. La difficoltà maggiore era data dalla differente condizione fisica di ognuno di loro e dall’età anagrafica. La preparazione fisica degli anni 80/90 consisteva in esercitazioni riguardanti la capacità aerobica, la tonificazione muscolare ed esercizi isometrici. Ma la cosa sorprendente era che il 99% dei tiratori non aveva un programma personalizzato. Durante i raduni, prima di una importante competizione, venivano svolti degli esercizi di carattere generale riguardanti i principali distretti muscolari. Eravamo lontani anni luce dalla programmazione attuale, che si basa su principi ben codificati quali: gradualità del carico da somministrare, differente per fasce d’età; unità carico-recupero; variabilità del carico e individualizzazione del carico. Il lettore forse rimarrà meravigliato per la breve parentesi storica fatta, ma penso sia utile a capire le difficoltà che ho incontrato all’inizio e di come sono riuscito, nel tempo, ad applicare alla mia programmazione i principi della Moderna teoria e metodologia dell’allenamento in uno sport in cui l’aspetto tecnico era predominante rispetto alla condizione fisica. I quattro principi sopra enunciati li troviamo in questa definizione di allenamento: “L’allenamento sportivo può essere definito come l’insieme di attività sistematiche che si esplicano nell’organizzazione dell’esercizio fisico ripetuto in quantità e intensità tali da produrre carichi progressivamente crescenti al fine di esaltare alcuni fattori individuali, modificandoli in senso positivo, per il raggiungimento di più elevate e massime prestazioni sportive”. Da questa definizione, una delle tante date all’allenamento sportivo, iniziamo il nostro percorso in quell’intricata materia che è la teoria dell’allenamento. Intricata in quanto non basta soltanto applicare alla lettera i principi che la contraddistinguono, ma bisogna molte volte lasciarsi guidare dall’intuito e dall’esperienza per poter risolvere una difficoltà nell’apprendimento di un nuovo gesto motorio.
CARATTERISTICHE FONDAMENTALI
L’allenamento sportivo si contraddistingue per alcune peculiarità fondamentali: è sempre orientato al raggiungimento della più elevata prestazione sportiva; è un processo individuale di formazione dove la prestazione sportiva è la risultante di numerose componenti che nei singoli atleti possono risultare spiccate in modo differente; adattare la condotta di vita dell’atleta alle esigenze dell’attività sportiva (norme igieniche, alimentari, stato di salute); l’allenamento è contraddistinto da una pianificazione sistematica che non lascia nulla al caso; i programmi di allenamento costruiti in base alle conoscenze scientifiche ed alle esperienze di campo assicurano la capacità di prestazione.
La capacità di prestazione sportiva dipende da due fattori: la possibilità di prestazione e la disposizione alla prestazione. La prima viene determinata dalle capacità tecnico-sportive, dalle possibilità intellettuali e dalle esperienze dell’atleta. La seconda contraddistingue l’atteggiamento dell’atleta verso l’attività sportiva e verso le esigenze che gli vengono poste dall’allenamento e dalla competizione.
LA PREPARAZIONE FISICA E LA PREPARAZIONE TECNICA
Nel nostro sport il contenuto fondamentale della preparazione fisica consiste nello sviluppo delle capacità motorie, che rappresentano il presupposto determinante per una elevata possibilità di prestazione sportiva, dove il successo della competizione dipende essenzialmente dalla padronanza di molteplici e complesse abilità tecniche e di capacità di destrezza. Per preparazione tecnica invece intendiamo l’acquisizione del gesto sportivo specifico, così come dovrà essere eseguito in gara. Una tecnica razionale assicura l’impiego economico ed ottimale delle qualità fisiche. Abbiamo definito ampiamente il concetto di allenamento ed introdotto il concetto di tecnica il cui apprendimento e perfezionamento sono definiti come “addestramento”.
La tecnica sportiva è un sistema particolare di movimenti contemporanei o successivi orientato ad una razionale organizzazione di azioni reciproche delle forze interne (muscolari) e di quelle esterne (attrezzo sportivo), che agiscono sull’atleta con l’obiettivo di ottimizzare il gesto tecnico.
FASI DELL’APPRENDIMENTO DELLA TECNICA DI TIRO
Nell’apprendimento del gesto tecnico si devono osservare differenti stadi: creazione di una prima rappresentazione del comportamento motorio. Ciò si ottiene mediante conoscenze specifiche del gesto tecnico; irradiazione motoria. Il comando nervoso che parte dalla zona cerebrale specifica e fa capo al muscolo o al gruppo di muscoli deputati al movimento, viene trasmesso tramite i nervi associati alle zone nervose periferiche, determinando una generale reazione di movimento. L’assenza di specializzazione, della conoscenza specifica del gesto motorio e della sua automatizzazione, è tipica di questa fase. Si determinano contrazioni di gruppi muscolari non interessati all’esecuzione del gesto motorio specifico con la conseguenza di avere movimenti e tensioni muscolari inutili. Per ovviare a ciò si cercherà di eliminare questi inconvenienti servendosi di procedimenti e metodi soprattutto di natura verbale (correzione da parte dell’istruttore), di informazioni visive (controllo dell’esecuzione verificata dagli altri componenti del gruppo) e cinestesiche (percezione dello stato di contrazione dei propri muscoli). In questa fase di apprendimento l’addestramento deve essere effettuato abbastanza frequentemente nell’arco della settimana (2-3 volte). Non sono consigliate troppe ripetizioni in un’unica seduta di allenamento in quanto il sistema nervoso si affatica rapidamente nell’addestrarsi a nuove coordinazioni; precisione dei comportamenti motori. Il movimento viene immesso nella coscienza in modo più completo e dettagliato. Lentamente il lavoro viene ad assumere carattere di precisione. Dal punto di vista metodico-pedagogico, in questa fase ci si basa soprattutto sul metodo delle “sensazioni del movimento”, che prima abbiamo definito come informazioni cinestesiche. Il numero delle ripetizioni in una seduta di allenamento può essere elevato, mentre le interruzioni di 2-3 giorni tra una seduta e l’altra non sono più dannose; stabilizzazione e automatizzazione del comportamento motorio. Nella metodica di allenamento domina la frequente ripetizione dell’esercizio in condizioni prevalentemente immutate (sparare a piattelli di cui si conosce la traiettoria); realizzazione dell’abilità variabile e della completa destrezza. Le tecniche precedentemente apprese e realizzate in condizioni immutate, si esplicano in questa fase in condizioni mutevoli (sparare rispettando le condizioni di gara). In quest’ultima tappa di addestramento si presenta il seguente compito metodico-pedagogico: applicare in modo variabile i comportamenti assimilati in diverse condizioni (eseguire delle serie più lunghe con tempi di recupero differenti, svolgere delle gare di allenamento in campi, ore e condizioni meteorologiche differenti). Per quanto riguarda la durata di ciascuno stadio, sta alla sensibilità e all’esperienza dell’istruttore stabilire l’arco di tempo da dedicare a ciascuna tappa, tenendo conto dell’individualità dei suoi allievi (non tutti hanno la stessa velocità di apprendimento) e valutando di volta in volta il loro rendimento.
Tratto da “L’apprendimento motorio nel tiro a volo”, di Fabio Partigiani, Caccia & Tiro 09/2024.
Tav Conselice: allievi del Settore Giovanile dell’Emilia-Romagna mentre apprendono insieme al prof. Fabio Partigiani un nuovo esercizio sul fitball.