L’ormai consueto appuntamento con la realtà Federcaccia, fa tappa in questa occasione in Friuli-Venezia Giulia, per dialogare con il presidente regionale Paolo Viezzi. L’intervista, di cui pubblichiamo solo alcuni stralci, è uscita sul numero di marzo della rivista.
Conosciamo allora Paolo Viezzi: avvocato, confermato presidente del Friuli-Venezia Giulia per la terza volta nel 2019, con il 98% dei consensi. Appassionatissimo di caccia di selezione agli ungulati, alla migratoria e a quella con il cane da ferma, è associato della Riserva di caccia di Tarvisio-Malborghetto e ha l’abilitazione alla caccia con il segugio.
Come si è evoluta la caccia negli ultimi decenni nella sua regione?
“Per oltre 30 anni la gestione faunistica e venatoria è stata di competenza di un ente pubblico detto ‘Organo gestore’, i cui vertici erano espressione diretta della Federcaccia regionale. Nel 1999 le divisioni e le gelosie originatesi all’interno dal mondo venatorio hanno sottratto ai cacciatori il ruolo di unici protagonisti, portando le funzioni principali in capo all’amministrazione regionale. Nel 2008 il ritrovato ruolo di centralità politica della Feder-Friuli-Venezia Giulia ha riportato in seno agli Istituti di gestione riserve di caccia e distretti venatoricompetenze gestionali importanti. In questo modo sono stati favoriti non solo una diffusa crescita culturale e tecnica del movimento, ma anche il raggiungimento di significativi obiettivi di equilibrio ecologico”.
Quali sono le cacce più praticate?
“La condizione orografica del Friuli-Venezia Giulia la descrive come una regione dalla straordinaria varietà, andando dalle alte montagne della Carnia o del Tarvisianoalla laguna di Grado e Marano, passando per le colline più dolci del medio Friuli e le asprezze degli altopiani carsici. La cacciaalle specie di fauna stanziali e migratrici anche mediante il cane da ferma è senza dubbio ancora la più diffusa, ma la crescita della popolazione di ungulati ha determinato un aumento di coloro che si dedicano alla ‘selezione’ e alla ‘seguita’ con il cane segugio”.
Non bastasse l’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus, ce ne sono anche un paio che colpiscono la fauna selvatica. Partiamo dalla peste suina africana: com’è da voi la situazione?
“Debbo dire che, sullo specifico tema della Psa, la Federazione dei cacciatori del Friuli-Venezia Giulia è stata antesignana con l’organizzazione di convegni conoscitivi e divulgativi già 5 anni fa, che hanno portato l’Amministrazione a creare zone di eradicazione del cinghiale come attività di prevenzione. Al momento l’infezione non si è ancora presentata, ma i timori di un suo arrivo sono elevati, così come i rischi per molte attività collegate all’utilizzo delle carni di maiale, basti pensare al prosciutto di San Daniele e a tutta la relativa filiera”.
E per quanto riguarda l’aviaria?
“L’aviaria ha fatto la sua comparsa recentemente in alcuni allevamenti di selvaggina e ha messo in crisi un settore già in forte difficoltà. Questo ha avuto riverberi anche sull’attività venatoria, con limitazioni stringenti all’uso dei richiami vivi e quindi anche sul risultato della ‘soddisfazione’ a caccia”.
Come viene gestita la caccia?
“In Friuli-Venezia Giulia la gestione faunistica è riservata alla programmazione e alle scelte dell’Amministrazione regionale, mentre la gestione venatoria (ovvero l’attuazione degli obiettivi di gestione faunistica) e l’esercizio venatorio sono esercitati dai cosiddetti Istituti di gestione, ovvero le riserve di caccia e i distretti venatori: questo è l’assetto normativo regionale. Singolarmente, invece, un cacciatore può svolgere l’attività solo nella riserva di assegnazione che, a grandi linee, corrisponde all’estensione di ciascun comune. La scelta di stretto collegamento fra individuo e territorio è nata ancora del 1969 con la famosa legge 13, che ha sostanzialmente ispirato il pensiero del legislatore nazionale, portandolo all’approvazione della 157/92. È stata senza dubbio una scelta innovativa, lungimirante, utilissima e assai condivisa dall’intero mondo venatorio. Anche oggi nessun cacciatore della regione sarebbe disponibile a tornare al regime di ‘caccia libera’. Il lavoro di cura degli habitat, il prelievo conservativo della fauna all’interno di un processo di programmazione hanno dato grandi soddisfazioni sotto il profilo venatorio, oltre a determinare un senso di appartenenza e comunità negli associati a ciascuna riserva”.
Parliamo di cinofilia venatoria: com’è la situazione in regione, chi sono le figure di riferimento?
“La cinofilia venatoria vive un momento di grande sofferenza per quel che riguarda i cani da ferma, con sempre meno persone interessate e disponibili al volontariato. Le zone utili e autorizzate sono poche, non strutturate e con gestioni spesso riservate. Si presenta migliore la situazione per la cinofilia dei cani da traccia e da seguita che in regione ha grandi tradizioni e capacità di rinnovamento. La Federcaccia ha trovato in Antonio Beuzer un coordinatore ispirato e tutte le riserve del Distretto 3 Cividalese sono in grande fermento e lavorano per valorizzare la pratica della caccia con il segugio. Non mancano le iniziative anche per i cani da tana, nonostante non sia presente in regione una campo specializzato e utile per gli appassionati delle specie”.
Tratto da “Friuli-Venezia Giulia, territorio in equilibrio”, di Jacopo Foti, Caccia & Tiro 03/2022.
Paolo Viezzi è stato confermato presidente del Friuli-Venezia Giulia per la terza volta nel 2019, con il 98% dei consensi. La caccia alle specie di fauna stanziali e migratrici anche mediante il cane da ferma è senza dubbio ancora la più diffusa, ma la crescita della popolazione di ungulati ha determinato un aumento di coloro che si dedicano alla selezione e alla seguita con il cane segugio.