L’ETERNO SECONDO

Come nella vita, per raggiungere i nostri obiettivi sportivi dobbiamo metterci molta attenzione, costanza, impegno e fatica, quindi alta motivazione e capacità di non arrenderci mai davanti agli ostacoli che incontreremo. Spesso la differenza tra chi sale sul podio del vincitore e chi resta a guardare dal basso risiede proprio nel livello di determinazione dettato da uno stato mentale che va allenato esattamente come il gesto tecnico-atletico che la nostra disciplina comporta. D’altronde la traduzione di coaching equivale a “allenare”, “allenante” “istruire a…” e non c’è da meravigliarsi che, se non ci alleniamo a muoverci, a pensare e ad agire in modo propositivo, di strada ne faremo davvero poca. La forza del coaching nasce proprio da qui, dal fatto che i campioni si formano fuori dai campi di tiro e non dentro: affermando ciò, mi attirerò forse qualche antipatia, ma è una verità. Il successo, la felicità e il senso di realizzazione sono strettamente legati, il modo in cui pensi, parli e agisci può fare la differenza. Lanciati e vivi la tua competizione nel modo più appagante possibile, adottando atteggiamenti e abitudini mentali positive. È come una catena distributiva, se ben organizzata, pianificata e ben condotta porta a farti toccare con mano quanto semplice sia arrivare al successo.

Ma l’eterno secondo come lo riconosciamo? In maniera molto elementare direi, dal piazzamento, cioè dal fatto che riesce a raggiungere una finale ma poi si “dimentica” delle sue skills, non sfrutta al meglio l’emozione che gli arriva fra capo e collo. È un tiratore che si accontenta, che fa parte della schiera e dei sostenitori di Pierre De Coubertin, che ricordava: “l’importante è partecipare” e quindi si siede, mentre il campione ti sfianca. Io sono più per avallare il motto di Giampiero Boniperti che, da buon bianconero calcistico, diceva che “vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta”. Poi l’eterno secondo è uno che dimentica o crede che non sia così fondamentale portare a compimento tutti i suoi doveri del fuori campo, pensando di poter recuperare durante la gara, ma la realtà a volte fa male… molto male! Ecco perché diventare consapevoli rende merito sia alla persona che al risultato della competizione. Ciò che ci rende forti sono la determinazione, la meticolosità, la puntualità, l’autonomia, il carattere e molto altro ancora. Sono virtù che spesso non vengono lavorate, né applicate da colui che poi, però, lamenta sempre un problema o si crea un alibi. La differenza si fa nel modo in cui approcciamo la nostra gara e senza accorgercene diventiamo dei masochisti cronici, accontentandoci di applaudire i vincitori: una ben magra consolazione!

Ma i segreti per uscire da questo loop che caratterizza molti tiratori esistono, eccome se esistono! Bisogna però rimettere mano ai nostri schemi, ai nostri metodi rivedendo molto per cominciare a pensare da campioni. Non dobbiamo nutrire mai alcun dubbio sulle nostre potenzialità: così facendo accederemo ad uno step superiore, ponendoci di fronte alle interferenze esterne con la “testa giusta”. Spesso è proprio questo che ci impedisce di proseguire un cammino vincente, quando d’improvviso ci vengono meno le certezze, le sicurezze e la convinzione che quella cosa possiamo affrontarla con sicurezza, invece arriva il vuotoE così l’eterno secondo finisce per perdersi, improvvisamente senza basi, ma è solo questione di uno stato mentale negativo, ci mancano gli strumenti adatti, un metodo per reagire, non riusciamo a pensare da campioni. Una delle cose interessanti del coaching, è che ti fornisce gli strumenti idonei per superare qualsiasi ostacolo, a patto che si voglia veramente superarlo. Diventa un viaggio introspettivo all’interno della nostra coscienza di sportivi ed è vietato barare con noi stessi. Quanti di noi tiratori, indipendentemente dalla disciplina, si ritrovano ad arrivare in alto ma costantemente, quando devono stringere i denti, si trasformano e come per magia perdono i loro poteri. E la cosa negativa è che non riescono a darsi una risposta. Visto dall’esterno e sotto l’occhio vigile dei più attenti, è facile riconoscere come cambiano i lineamenti del viso: le sopracciglia si inarcano, i lati della bocca si piegano verso il basso, il nostro colorito diventa pallido e il respiro affannoso, ma soprattutto la nostra testa comincia a pensare in modo irriverente e contrario ai principi logici del campione. Lì ci areniamo e usciamo direttamente da quella scena che invece ci poteva vedere fra i protagonisti.

Pensare da campione con gli strumenti idonei risolve il problema. Dobbiamo però essere umili a tal punto da riuscire ad ammettere che qualcosa in noi non va, o comunque ci manca. Questo è il primo passo verso la nostra rinascita, ma tutto (come ripeto sempre) dipende dalla nostra volontà, dal nostro carattere e dalla grande voglia di cambiamento. Se siamo stanchi di battere le mani agli altri mentre raccolgono i frutti di un’ottima preparazione, sappiate che il metodo c’è, quindi l’unica cosa da fare è quella di agire e di mettersi in gioco. Il successo è a nostra disposizione, ma siamo noi a doverlo raggiungere con un metodo vincente, altrimenti continueremo solo ad applaudire i nostri competitor.

Abbiamo “radiografato” nei minimi dettagli “l’eterno secondo” e spero di aver fatto comprendere qual è l’identikit di chi ha tantissime potenzialità ma non riesce ad esprimerle fino al raggiungimento dello scalino più alto. Se qualcuno si riconosce in questo “ritratto”, non deve fare altro che entrare in azione, usiamo le nostre skills e diamo spazio alla nostra crescita!


Tratto da “L’eterno secondo”, di Giorgio Fabris, Caccia & Tiro 02/2023.


Spesso la differenza tra chi sale sul podio del vincitore e chi resta a guardare dal basso, risiede proprio nel livello di determinazione dettato da uno stato mentale che va allenato esattamente come il gesto tecnico-atletico che la nostra disciplina comporta.

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