Scrivo queste note sull’onda emotiva dell’appuntamento dedicato alla Struttura Federale che, come detta la nostra tradizione, ha concluso la stagione agonistica con una grande festa sulle pedane del Tav Roma. Quest’anno la conclusione del calendario stagionale ha coinciso anche di fatto con il suggello di un quadriennio che per tutti e tutte noi sotto il profilo della pratica agonistica ha avuto un avvio certamente tormentato per gli effetti ancora tangibili della pandemia, ma che ha saputo infine attribuirci immense soddisfazioni con i grandi successi dell’Olimpiade di Parigi. L’idea di essere tutti e tutte insieme tiravolisticamente è dunque l’immagine più viva e anche più emozionante che mi suggerisce il pensiero delle giornate che abbiamo vissuto a Roma alla fine di ottobre. Come si ricorderà, la pandemia (non soltanto nei momenti più drammatici di quell’evento, ma anche e soprattutto nel corso della lenta e graduale uscita dal problema) ha drasticamente limitato proprio la nostra reciproca frequentazione e poiché l’attività sportiva coincide invece con i concetti di socialità e di aggregazione, è evidente che siano state proprio le attività sportive a pagare il prezzo più alto di un’epoca di restrizioni. Poter tornare a parlare di libera aggregazione è dunque sicuramente il più grande successo che possiamo celebrare al termine appunto di un quadriennio in cui siamo stati costretti a confrontarci con situazioni – come appunto l’isolamento per motivi sanitari – che avevamo idealmente confinato in un passato lontano. Aggregazione e socialità sono infatti i cardini intorno ai quali orbita da sempre la nostra cultura sportiva. Chi mi legge con assiduità sa bene che proprio nel mio intervento precedente in queste pagine ho voluto in certo modo smentire quella fama diffusa che descrive il nostro sport come una pratica pervasa da un forte individualismo. Il tiro a volo agonisticamente è, sì, pratica sportiva del singolo e della singola atleta, ma in realtà ha un’anima corale, perché siamo innanzitutto un movimento sportivo. Lo siamo anche e soprattutto istituzionalmente perché, come ho segnalato altre volte, quell’intuizione ormai quasi centenaria di Ettore Stacchini di riunire sotto un ombrello nazionale tante realtà tiravolistiche distribuite sul territorio italiano guardava proprio convintamente alla creazione di una comunità sportiva. Il nostro appuntamento annuale dedicato alla Struttura Federale celebra proprio quello spirito di comunità. È un momento di aggregazione che nella sua coralità esalta un comune sentire conservando però sempre attenzione alle prerogative specifiche di ogni individualità: la dirigenza delle Società, i responsabili federali del territorio, gli istruttori, il corpus arbitrale. Non posso – e non voglio – astenermi dal confessare nuovamente quanto, ogni volta che lo sperimento tangibilmente, mi emozioni e mi entusiasmi la capacità di noi tutti e di noi tutte di saper essere collettività pur nella specifica identità di ciascuno e di ciascuna. Quell’intuizione di Ettore Stacchini a cui facevo riferimento si chiama naturalmente Federazione italiana tiro a volo. E quell’intuizione siamo tutti e tutte noi. Lo siamo e lo dobbiamo essere quotidianamente. Nel prossimo quadriennio, quello che ci condurrà ai Giochi dell’Olimpiade di Los Angeles, celebreremo appunto il compimento del primo secolo di storia di quell’intuizione. In questi casi preferisco dire: celebreremo l’inizio del secondo secolo di storia della Federazione italiana tiro a volo e immagino che il presidente Stacchini sarebbe fiero del nostro sguardo rivolto al futuro. E sarebbe oltremodo fiero del fatto che ci apprestiamo a compiere quel passo secondo un principio fondamentale: sentirci una collettività e procedere insieme tiravolisticamente.
“Linea di tiro”, di Luciano Rossi, Caccia & Tiro 11/2024.
Il presidente federale Luciano Rossi nel corso della gara della Struttura Federale 2024 – Foto Fitav