Nella più recente (rispetto al momento in cui scrivo) riunione del Consiglio federale che abbiamo avuto l’opportunità di celebrare nella cornice fastosa della Sala Giunta della sede del Coni, eravamo certamente tutti – le mie colleghe e i miei colleghi dell’Esecutivo, il segretario generale Magnanini e i dipendenti della Federazione – pervasi da una commozione che era difficile eludere o mascherare. Era infatti trascorso un anno dalla scomparsa di Fabio Fortuni che per due decenni ha interpretato con scrupolosa competenza ed encomiabile misura il ruolo di segretario generale. Più volte in questi miei interventi ho sottolineato quanto la nostra storia di Federazione quasi centenaria sia per noi una sorta di manuale di azione per il futuro. E in queste settimane in cui la Storia – quella grande, con la maiuscola – sembra davvero non aver insegnato molto al genere umano, rivendicare di essere sistematicamente attenti ai passi che si è compiuto nel passato per non incespicare nel futuro risulta quanto di più assennato si possa formulare.
Quand’anche avessimo ceduto a qualche dubbio (ma non è così, vi assicuro), nel corso del Consiglio è intervenuto anche l’amico Giovanni Malagò a confermarci invece che questa sorta di culto per la nostra storia federale, che coltiviamo con tanto orgoglio, è un atteggiamento di preziosa utilità e indiscusso valore. E il massimo dirigente dello sport italiano al nostro Esecutivo riunito ha confermato chiaramente che è proprio la nostra storia a parlare di noi in un linguaggio universale attraverso i numeri delle vittorie che abbiamo conseguito in decenni di competizioni internazionali e i numeri del ruolo che il tiro a volo italiano ha avuto nell’economia generale dell’olimpismo italiano. Sì, è vero, l’ho ribadito tante volte anche qui nei miei interventi: lo sport è una pratica feroce – ne abbiamo avuto la prova in queste settimane in discipline che in Italia sono decisamente ben più popolari della nostra – in cui se hai vinto largamente anche soltanto ieri, già oggi devi tornare a gareggiare come se non fosse accaduto niente: con lo stesso rigore di prima, con la stessa modestia di prima.
Ma la storia, quando ci attribuisce un prestigioso medagliere come nel caso della nostra Federazione, resta comunque un conforto ideale insostituibile perché è appunto la prova che si è saputo vincere, si è tornati così umili ogni volta da prepararsi con grande scrupolo, e in quel modo si è vinto ancora. I primi segnali importanti a livello internazionale in questa stagione 2022 li abbiamo ricevuti, com’è noto, ma c’è ancora molto da fare in un’annata che sarà determinante per l’intero nostro mondo sportivo dopo due disastrosi anni di pandemia e con un conflitto in corso che sta minando le più elementari norme di convivenza. Alle porte c’è già la Coppa del mondo di Lonato in cui siamo chiamati a dimostrare ancora una volta di essere una nazione leader nell’organizzazione di eventi e nelle potenzialità agonistiche: buon lavoro, dunque, a tutti noi e ancora buona storia, Italia del tiro a volo!
“Linea di tiro”, di Luciano Rossi, Caccia & Tiro 04/2022.
Nell’ultima riunione del Consiglio federale Fitav è intervenuto anche Giovanni Malagò, presidente del Coni.