Dal 24 febbraio l’Europa e il mondo guardano con il fiato sospeso al conflitto in Ucraina, un conflitto che sta causando molte vittime, mettendo in ginocchio un Paese e creando conseguenze a cascata anche, e non solo, sull’Europa. Ci auguriamo che i negoziati appena avviati in Turchia abbiano un seguito che porti quanto prima alla pace, ma intanto le ripercussioni su svariate attività economiche, anche nel nostro Paese, sono già visibili. Già prima dell’inizio del conflitto, e per altre cause, assistevamo ad un aumento dei costi dell’energia che ha messo in difficoltà interi comparti produttivi e la guerra in atto non ha fatto che aggravare ulteriormente la situazione, sul piano energetico e anche alimentare, a causa della diminuzione di produzione in Ucraina, delle nefaste conseguenze delle sanzioni alla Russia sulla nostra economia, delle speculazioni del mercato. Ogni aspetto merita attenzione, ma in questo editoriale vogliamo concentrarci in particolare sulle difficoltà dell’agricoltura, dalla cui qualità e stato di salute dipendono anche gli equilibri faunistico ambientali.
Un’agricoltura sostenibile, a livello sia ambientale sia economico, rappresenta la chiave di volta di un sistema nel quale attività antropiche, fauna e flora si trovano in un equilibrio virtuoso. Ebbene, in questi mesi lo scenario dell’agricoltura italiana si è complicato ulteriormente e sono proprio le principali associazioni agricole a lanciare l’allarme. “Se la guerra non finisce presto in Ucraina le semine primaverili saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all’invasione della Russia, con carestie e speculazioni su scala mondiale”, ha affermato la Coldiretti, in riferimento all’avvio dei colloqui di pace in Turchia, dai quali dipendono anche le disponibilità alimentari in Medio Oriente e in Africa legate ai raccolti di cereali in Ucraina (che, insieme alla Russia, produce il 28% di grano, il 16% di mais e il 65% di olio di girasole). “A preoccupare – spiega Coldiretti – sono le speculazioni che si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati ‘future’ uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto. Una speculazione sulla fame che nei Paesi più ricchi provoca inflazione e povertà ma anche gravi carestie e rivolte nei Paesi meno sviluppati”. La speculazione viene denunciata da tutto il mondo agricolo, in estrema crisi per l’aumento dei costi, tanto che, come sottolineato da Coldiretti, più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, mentre circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo.
“I maggiori incrementi percentuali di costi correnti (dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi fino al +129% per il gasolio) – sottolinea l’associazione – sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato”. Intanto l’Ue si è attivata per con un primo intervento per garantire la sicurezza alimentare e aiutare gli agricoltori, sbloccando 4 milioni di ettari di terreni a riposo nelle aree di interesse ecologico (Efa), quasi 200mila in Italia, per aumentare la produzione comunitaria di cereali a partire dal mais, così come il ricorso alla riserva di crisi della Pac, che metterà a disposizione dell’Italia circa 50 milioni di euro. Tutte le associazioni agricole, pur accogliendo positivamente questo primo intervento, chiedono comunque ulteriori misure. Per Coldiretti “occorre investire per aumentare produzione e rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”. Per Confagricoltura, è indispensabile che la flessibilità autorizzata quest’anno venga estesa al 2023 e “A livello internazionale sarebbe opportuno limitare il ruolo che i ‘futures’ sui prodotti agricoli di base stanno avendo sull’andamento delle quotazioni reali. Quelli relativi al grano hanno fatto registrare un aumento del 70% dal 24 febbraio, giorno dell’invasione dell’Ucraina”.
La Confederazione italiana agricoltori chiede, tra le altre cose, regole e norme sull’utilizzo delle nuove tecniche di miglioramento genetico, “che superino una legislazione ormai obsoleta e permettano agli agricoltori di garantire l’aumento delle rese, insieme alla riduzione dell’impatto dei prodotti chimici e al risparmio di risorse idriche” e quella di una “riflessione concreta verso la definizione di una politica energetica comune, nonché un confronto internazionale necessario a ridurre, per quanto possibile, la volatilità a fini speculativi legata a prodotti finanziari in campo agricolo”. Il momento è delicato sotto molti punti di vista e la stessa Ue oscilla tra volontà di portare avanti il Green Deal e necessità di sostenere l’agricoltura. I provvedimenti appena presi guardano alla salvaguardia dell’agricoltura, ma la stesa Ue ha in programma, entro la metà del 2022, di mettere in atto una strategia di uscita dai Sussidi ambientalmente dannosi (Sad), secondo quanto previsto dal piano Fitfor55, che avranno svariate ripercussioni, anche sull’agricoltura. Si punta infatti ad eliminare, entro il 2025, tutti quei sussidi che, venendo utilizzati, provocano una ricaduta negativa sull’ambiente. È considerata Sad, ad esempio, l’Iva ridotta sui fertilizzanti o la differenza tra l’accisa sul gasolio e quella sulla benzina. Oggi, in termini di salvaguardia dell’ambiente, sembra che sia aumentata notevolmente la distanza che separa le esigenze contingenti e gli obiettivi da raggiungere. Fauna e flora, già minacciati prima da politiche ambientali poco lungimiranti, oggi si trovano nel teatro di un conflitto tra esigenze difficilmente conciliabili: da un lato la necessità di tutelarli, dall’altro la necessità di sfruttare maggiormente il territorio per fronteggiare l’emergenza causata dalla guerra e di sostenere l’agricoltura, allo scopo di contrastare anche un possibile aumento nell’abbandono delle campagne, con tutte le conseguenze che possiamo immaginare, in termini di gestione.
“Primo piano”, di Valeria Bellagamba, Caccia & Tiro 04/2022.
Oggi, in termini di salvaguardia dell’ambiente, sembra che sia aumentata notevolmente la distanza che separa le esigenze contingenti e gli obiettivi da raggiungere. Fauna e flora, già minacciati prima da politiche ambientali poco lungimiranti, oggi si trovano nel teatro di un conflitto tra esigenze difficilmente conciliabili – Foto CC BY 3.0