CON LA SCIENZA PER IL TERRITORIO

In questo numero dedichiamo ampio spazio ad un bilancio dei progetti presenti e futuri dell’Ufficio Studi e ricerche Fidc, un’occasione in più per sottolineare quanto oggi sia importante che caccia e scienza siano l’una al fianco dell’altra, al fine di gestire al meglio il patrimonio faunistico venatorio, ottenere indicazioni utili a definire tempi e specie del prelievo venatorio, salvaguardare gli habitat. In questi anni l’approccio scientifico ha permesso anche di sferrare un duro colpo alla sequela di ricorsi al Tar che ogni anno le associazioni anticaccia promuovono contro i calendari venatori. Nell’articolo (a pag. 8) tracciamo una panoramica dei progetti conclusi, in essere e futuri: dal progetto Scolopax Overland sulla beccaccia, a quello tordo bottaccio, volto a determinare la decade di inizio della migrazione prenuziale, passando per svariati studi fauna stanziale, come quelli sulla lepre italica, sulla starna italica e molti altri, compresi il Progetto Banca dati nazionale, che ha l’obiettivo di raccogliere dati cartografici e numerici sulle varie popolazioni, o ricerche ed interventi volti al miglioramento degli habitat. Scienza e dati non sono solo un patrimonio per i cacciatori, ma rappresentano anche un supporto essenziale per le Istituzioni, che hanno così a disposizione preziosi elementi per decidere in maniera più consapevole come amministrare fauna e territorio.

Come ci dimostrano innumerevoli esempi, passati e presenti, il mondo venatorio rappresenta anche in questo caso un partner responsabile e competente per chi è chiamato ad amministrare il territorio agro-silvo-pastorale, fatto, questo, che dal nord al sud del Paese è sempre più riconosciuto. Il mondo della caccia rappresenta un alleato prezioso non solo quando si parla di fornire dati aggiornati e attendibili, ma anche nella quotidiana salvaguardia del territorio e nella gestione delle innumerevoli emergenze che su esso possono manifestarsi. L’ultima, in ordine cronologico, riguarda la Peste suina africana (Psa), che rappresenta una grande minaccia non solo per le popolazioni di cinghiale e conseguentemente per la caccia, ma anche per gli allevamenti di suini e per le attività turistiche outdoor, rischiando di provocare danni economici per svariati miliardi di euro. Ha fatto la sua comparsa in Piemonte, lo scorso gennaio, arrivando poi a diffondersi in Liguria e mettendo in allerta le confinanti regioni. Sin da subito sono stati allertati i cacciatori, chiamati ad individuare le carcasse degli animali infetti e ad utilizzare tutte le precauzioni igienico-sanitarie per evitare la diffusione di un virus che può arrivare a causare il 100% di mortalità tra le popolazioni infette e che è estremamente resistente, potendo sopravvivere per lungo tempo anche su scarpe, indumenti, attrezzi utilizzati per la caccia e qualsiasi altro materiale contaminato, oltre a resistere negli alimenti di origine suina non opportunamente trattati.

Il mondo della caccia continua, ancora una volta, a fare la sua parte, come dimostra anche il recente incontro svoltosi a Firenze e rivolto alle guardie giurate venatorie volontarie proprio per aggiornarle sull’andamento della Peste suina africana (Psa) e sui risvolti operativi riguardanti anche il settore della vigilanza, che, come sottolineato durante l’incontro dal presidente della Confederazione cacciatori toscani (Cct) Marco Salvadori, “sicuramente può dare un contributo qualificato in tal senso. Un patrimonio di volontariato che però deve essere valorizzato dalle istituzioni”.

Ad oggi – si legge nel relativo comunicato della Cct sull’evento – l’epidemia presenta una lenta espansione dai focolai già riscontrati nelle Regioni Liguria e Piemonte. I casi accertati sono 96. Le disposizioni normative emanate dai Ministeri competenti e le indicazioni della Eu Team Euvet prevedono la costruzione di una doppia barriera fisica (recinzione) a ridosso delle autostrade A 26 e A7. Ciò per realizzare entro giugno 2022 una zona cuscinetto finalizzata ad interrompere il movimento delle popolazioni di cinghiale e l’eventuale contaminazione tra individui della specie. Purtroppo, nonostante i fondi stanziati, ad oggi su queste fondamentali opere di prevenzione, si registrano ritardi da parte degli Enti competenti aumentando così il rischio di diffusione della Psa nei territori limitrofi”. Proprio lo scorso 7 aprile è stato convertito in legge, con alcune modifiche, il Dl 17/02/2022 n. 9 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di il 16 aprile) recante misure urgenti per arrestare la diffusione della Peste suina africana (Psa). “La Peste suina africana è un problema da affrontare con la massima determinazione, – ha affermato la senatrice e Caterina Biti, relatrice al Senato sul Dl – con risorse adeguate e poteri ampi da parte del commissario, senza danneggiare l’attività meritoria che il settore venatorio conduce per la corretta gestione della fauna selvatica. Il provvedimento parla chiaro: il nostro obiettivo non deve essere solo di contenere la malattia, ma di eradicarla, per tutelare la filiera suinicola che rappresenta un asset rilevante per l’economia nazionale”.

I cacciatori sono in prima linea per contrastare il propagarsi di un virus che rischia di danneggiare seriamente settori economici molto importanti per il nostro Paese, settori che stanno esprimendo la loro preoccupazione. Secondo Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, molto poteva essere fatto anche in termini di prevenzione, come ha dichiarato all’AdnKronos: “Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della Peste suina africana (Psa) attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette”. E qui si arriva ad uno storico problema, quello che vede da un lato un certo ambientalismo che chiede recinzioni elettriche contro i danni da fauna e si dichiara contrario all’abbattimento degli animali, dall’altro chi, come gli agricoltori, chiede da tempo che le operazioni di contenimento provochino una riduzione numerica tale da ridurre i danni all’agricoltura e anche la diffusione della Psa. Vedremo se di fronte a questa emergenza si potranno sdoganare i soliti dogmi, facendo invece prevalere scienza e pragmatismo.


“Primo piano”, di Valeria Bellagamba, Caccia & Tiro 05/2022.


Da tempo Federcaccia conduce ricerche e studi volti a produrre dati utili a conoscere meglio il comportamento delle specie. A questo contributo, di cui beneficiano anche Istituzioni e collettività, si aggiungono la preziosa opera di gestione da parte dei cacciatori e la loro disponibilità a collaborare per fronteggiare le emergenze, come nel caso della Peste suina africana.Foto Confederazione Cacciatori Toscani


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