ANDIAMOCI CON I PIEDI DI PIOMBO

Divieto quasi totale sulle munizioni al piombo: a quale prezzo per lavoratori e aziende?”, è questo il titolo di un articolo pubblicato a fine novembre su EurActiv.com a firma dello European Shooting Sports Forum (Essf). Abbiamo già accennato sullo scorso numero al costo che avrebbe, in termini economici e di posti di lavoro, un simile provvedimento, ma vale la pena, vista la sua importanza, approfondire l’argomento, parlando più nel dettaglio del periodo di transizione dal piombo ad altri materiali e dell’effettiva possibilità, da parte delle aziende produttrici, di rispettare le tempistiche dettate dal provvedimento attualmente al vaglio. “Quando è in arrivo una riforma radicale destinata a cambiare un intero settore, – si legge nell’articolo pubblicato sul portale di informazione – una valutazione accurata del suo impatto e l’impostazione di una scala temporale appropriata per la sua attuazione sono fondamentaliper ridurre al minimo qualsiasi potenziale ricaduta socioeconomica. Gli impatti si farebbero sentire anche sui 10 milioni di utilizzatori di munizioni che spendono fino a 20 miliardi di euro all’anno”. Aspetti, questi, entrambi sottovalutati dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) e questo significa che “se un divieto di munizioni al piombo diventerà realtà secondo i termini e le tempistiche esistenti nell’attuale proposta, possiamo aspettarci gravi ripercussioni socioeconomiche negative per le munizioni e produttori di armi da fuoco, gli utilizzatori e la società europea nel suo insieme”.

Nell’articolo si riportano i dati di un sondaggio condotto tra i produttori di armi da fuoco: secondo quanto emerso, quasi la metà delle aziende dovrà fronteggiare gravi battute d’arresto, arrivando persino a chiusure di attività se la restrizione entrerà in vigore senza periodi di transizione più lunghi. Per risultare conformi alla restrizione proposta, saranno necessari anni di intensa ricerca e sviluppo da parte delle aziende, le quali sono concordi nell’affermare che saranno necessari 10 anni per trasferire completamente il loro portafoglio di armi da fuoco colpito dalla restrizione, in modo che queste possano funzionare con le munizioni senza piombo, se si vogliono evitare ripercussioni economiche negative. “Per un settore che registra annualmente un fatturato di quasi 6 miliardi di euro e impiega quasi 22.000 persone, attuare troppo presto la restrizione metterebbe in pericolo almeno la metà (se non di più) del fatturato e dei dipendenti del settore, e comporterebbe la chiusura di circa il 20% delle imprese collegate: una perdita monetaria annua fino a 3 miliardi di euro e oltre 11.000 posti di lavoro, con costi di assistenza pubblica associati di circa 800 milioni di euro a carico dei contribuenti nell’Eea”. Mentre le grandi imprese potrebbero essere in grado di concentrarsi sulle esportazioni e di sostituire il piombo a breve termine, quelle di piccole e medie dimensioni andrebbero in sofferenza e i produttori che vendono principalmente all’interno del mercato europeo potrebbero essere addirittura a rischio. A questo si aggiungerebbero le ricadute su filiera e clienti del settore: 200 distributori, 14.000 rivenditori e oltre 300.000 collezionisti europei.

Analizziamo ora nel dettaglio la situazione dei produttori di munizioni. Le prestazioni di una munizione sono determinate da tutti i suoi componenti, essendo questa progettata per specifiche proprietà balistiche e di impatto: cambiare qualsiasi componente in quell’equazione significa necessariamente riprogettare l’intera unità, operazione che richiede un periodo di tempo esteso. Da un sondaggio tra le aziende del comparto, è risultato che “pochissimi produttori possono sostituire i loro prodotti al piombo a breve termine (0-3 anni), la maggior parte può sostituirli solo a lungo termine (10 anni), e alcuni non sono in grado di sostituirli affatto, soprattutto se guardiamo l’assenza di qualsiasi alternativa accurata per il calibro .22 a percussione anulare”. In sostanza, l’assenza di una tempistica sufficiente potrebbe mettere in difficoltà le aziende, che non sarebbero in grado nell’immediato né di sostituire il prodotto, né di vendere a clienti al di fuori dell’Area economica europea, con una conseguente interruzione delle linee di produzione, che provocherà perdite monetarie annuali stimate fino a 1 miliardo di euro e oltre 5.000 posti di lavoro persi, con un’assistenza pubblica associata di 600 milioni di euro. A queste di difficoltà si aggiunge anche la problematica relativa alle materie prime alternative, come bismuto o tungsteno, di cui non è ancora chiara la reperibilità su vasta scala, o come lo stagno e l’acciaio, in gran parte importati da paesi extra europei, in particolare dalla Cina, con conseguente dipendenza del mercato Ue da quello extra-Ue.

È quindi fondamentale porre l’accento sulla natura e sulle modalità di una transizione che deve tenere conto delle esigenze produttive delle aziende, delle opportune verifiche sui nuovi progetti da realizzare, dell’approvvigionamento e funzionalità dei materiali e anche, vista la situazione attuale, della crescita dei prezzi di materie prime ed energia, già sfidanti per le aziende europee, senza che a questo si aggiunga anche la necessità di investire, con una rapidità sproporzionata alle loro possibilità, in nuova progettazione e nuove linee di produzione. La posta in gioco è alta: sommando tutti gli aspetti negativi che la restrizione proposta imporrebbe ai produttori di armi e munizioni, parliamo di perdite monetarie annue fino a 4 miliardi di euro e di oltre 16.000 posti di lavoro persi, con una quota di assistenza pubblica di 1,4 miliardi di euro nel mercato europeo. Per il nostro Paese si tratta inoltre di una minaccia ad un settore che rappresenta da sempre un fiore all’occhiello del made in Italy. Più che mai vale allora il detto: “Andiamoci con i piedi di piombo”.


“Primo piano”, di Valeria Bellagamba, Caccia & Tiro 12-01/2021-2022


È fondamentale porre l’accento sulla natura e sulle modalità di una transizione che deve tenere conto delle esigenze produttive delle aziende, delle opportune verifiche sui nuovi progetti da realizzare, dell’approvvigionamento e funzionalità dei materiali e anche, vista la situazione attuale, della crescita dei prezzi di materie prime ed energia – Foto d’epoca – AaronNewcomer.com – CC BY 4.0

 

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