Compiendo un autentico slalom tra i tanti impegni che in questo momento costellano le mie giornate, sia sul fronte internazionale che su quello nazionale, sono riuscito a vivere ancora una volta quell’atmosfera singolarissima che caratterizza il Trofeo delle Regioni di fossa olimpica. Se i Campionati italiani delle Società delle diverse discipline sono un confronto storico che da decenni rappresenta uno dei momenti più interessanti del calendario federale, il Trofeo delle Regioni di fossa olimpica, di skeet, di fossa universale e di compak costituisce un’intuizione relativamente recente che è andata ad arricchire il panorama agonistico del nostro sport con altre competizioni di squadra che sono andate ad aggiungersi appunto agli Intersocietari. Nell’immaginario collettivo, in particolare nell’idea che si forma chi vede saltuariamente il nostro sport in streaming o in tv o ne legge sui media, il tiro a volo è una pratica caratterizzata da una forte individualità. L’atleta del nostro sport, sempre per fare appello all’immagine dominante presso il grande pubblico, concorre al proprio punteggio assumendosi tutte le responsabilità sia delle sue grandi imprese che dei suoi errori. Certamente l’avvento del mixed team tra gli eventi del programma olimpico ha trasformato questa immagine di eroe solitario o di eroina solitaria che veniva attribuita ai nostri specialisti e alle nostre specialiste e il successo parigino nello skeet mixed team di Diana Bacosi e Gabriele Rossetti ha probabilmente svelato a molti quanto possano essere invece autentici sport di squadra anche le nostre discipline. Coloro che hanno assistito dal vivo a quell’impresa della scorsa estate a Châteauroux e anche i milioni di spettatori dei canali televisivi e della rete che l’hanno vissuta in diretta, sanno benissimo come quel duello per la medaglia d’oro tra Diana e Gabriele e la formidabile formazione degli Stati Uniti abbia avuto come perno proprio la capacità di coesione agonistica dei componenti delle squadre. Però noi sappiamo altrettanto bene che proprio i Campionati delle Società e più recentemente i Trofei delle Regioni hanno appunto fortemente valorizzato il connotato di sport di squadra del tiro a volo. Chiedete ad ogni atleta che abbia vissuto almeno una volta l’emozione di essere chiamato a comporre una squadra di un Sodalizio o di una regione se l’atmosfera agonistica è la stessa di quando si compete invece esclusivamente per il proprio punteggio, e quell’atleta non esiterà a spiegarvi che si tratta di situazioni completamente diverse. È quell’atmosfera particolare a cui facevo riferimento proprio aprendo questo mio intervento. Tutti noi e tutte noi del mondo del tiro a volo evidentemente lo sapevamo da tempo, ma non è escluso che, quantomeno con la medaglia d’oro di Parigi 2024 di Diana Bacosi e Gabriele Rossetti, siamo riusciti a far breccia in un altro pregiudizio – ancorché innocente, s’intende – che voleva dipingere il tiro a volo come una disciplina – esagero un po’, come si conviene quando urge una spiegazione efficace – solitaria e individualistica. Per determinati sport, e non serve scendere nello specifico, è facile da sempre percepire il senso della squadra perché ogni attimo della competizione in quegli stessi sport orbita appunto intorno al lavoro contemporaneo di un collettivo. E per le atlete e per gli atleti di quelle discipline è dunque altrettanto facile parlare al plurale. Anche nel nostro caso, però, è sempre esistito un potente senso del gruppo, uno spiccato spirito di squadra, anche se appunto con una visibilità magari meno immediata. E quindi forse oggi, finalmente più di prima, sarà molto più facile parlare del tiro a volo al plurale.
“Linea di tiro”, di Luciano Rossi, Caccia & Tiro 10/2024.
Il presidente federale Luciano Rossi con alcune squadre in gara al Trofeo delle Regioni 2024 di fossa olimpica.