BELLINI: “LE MARATONE SI VINCONO FACENDO IL PRIMO PASSO”

Prendiamo spunto da un’intervista apparsa sul numero di marzo del nostro mensile, per conoscere meglio il commissario tecnico della nazionale Juniores di skeet, Sandro Bellini. Ne riportiamo solo alcuni passaggi.

La dedizione con cui si è sempre speso per amore dello skeet, prima come atleta, poi come responsabile del Settore Giovanile della Toscana e durante la parentesi oltre confine in qualità di coach della nazionale francese, è rimasta inalterata in Sandro Bellini. Da quando, ormai una trentina di anni fa, è entrato, passo dopo passo, con quell’umiltà e semplicità che lo contraddistinguono, nel mondo del tiro a volo. E ora è alla guida della nazionale Under 20, un compito che, per quanto recente, lo sta già arricchendo di emozioni indescrivibili. L’affiatamento tra tutti, la collaborazione e la determinazione sono il grande collante che li unisce, ct incluso. Inevitabile non partire dai suoi trascorsi in pedana…

Lo skeet ha sempre accompagnato il suo percorso agonistico, oppure lo ha praticato trasversalmente ad altre discipline?

Ho cominciato nel 1988 con la fossa olimpica, sparando per un anno. Lo skeet l’ho provato sul campo di Marco Innocenti, a Montemurlo. Ma ho dovuto smettere subito per motivi personali e solo nel 1992 ho ripreso però a Montecatini, dove ho avuto la fortuna, l’onore e il piacere immenso di conoscere e avere come guida Bruno Rossetti. Devo a lui il percorso che da lì in avanti ho fatto. Ricordo ancora con grande emozione quell’inverno: sono stati mesi meravigliosi ad apprendere i suoi preziosi insegnamenti e di lì a un anno ho partecipato alle prime gare. Anche se non è stato per nulla facile conciliare questa passione con il quotidiano, perché all’epoca mi alzavo alle 5.00 del mattino e lavoravo fino alle 14.00. Con un pensiero fisso, tornare in pedana. E dopo 5 anni di impegno infinito ho realizzato il sogno di indossare la maglia azzurra. Sono entrato in nazionale con il bagaglio di esperienza appreso alla scuola di Rossetti. Pensavo ormai di sapere molte cose, ma lui mi ricondotto ben presto alla realtà: ‘Sei qui per sparare o per imparare a farlo?’. In quel periodo non solo ho avuto, come dicevo, la fortuna di trovarmi a stretto contatto con un talento come quello di Bruno Rossetti, ma anche con tiratori del calibro di Andrea Benelli e Ennio Falco. Conosciuti, apprezzati e temuti come avversari in tutto il mondo. Le mie soddisfazioni a livello agonistico le ho avute: ricordo, ad esempio, la mia prima Coppa del mondo. Mi classificai 11° però vinsi l’oro a squadre con Benelli e Claudio Ruberti. Ogni gara era una sfida, una lotta, un onore poter competere con campioni eccezionali. E ogni volta per me non era vincere la gara, bensì essere lì con loro e poter arrivare insieme a loro”.

Chi le ha fatto da mentore e chi, invece, tra i grandi campioni, ha rappresentato una sorta di fonte ispiratrice?

Mi ripeto, Rossetti: era una persona straordinaria. Avanti anni luce, aveva una visione incredibile. Lo skeet è cambiato molto da 30 anni a questa parte, ma ciò che ho appreso da lui è rimasto immutato. Il modo di approccio e controllo dei piattelli non è cambiato. Ho sempre avuto fiducia in lui. Era unico, la sua dote era la semplicità. Ho la consapevolezza di volere ancora imparare. Con Benelli so di parlare, ad esempio la stessa lingua, condivido gli stessi pensieri e vedute. Ogni tanto ritorno a sparare: 2 anni fa all’Emir Cup a Todi sono riuscito a totalizzare 124/125. Questo sport continua a trasmettermi la gioia e la forza per andare avanti. Ma ora il mio mestiere è insegnare ai ragazzi, trasmettere loro tutto ciò che ho imparato. Ho iniziatocon i giovani della Toscana qualche anno fa. Partendo da zero. Ho lavorato duro con loro. Ottenendo risultati e questo mi ha incoraggiato molto. E poi sono stato chiamato a guidare la nazionale francese ed è in questo frangente che Benelli mi disse: ‘Sandro, hai un’occasione unica di fare un’esperienza incredibile, per cui falla!’. Non lo ringrazierò per questo mai abbastanza. È stata un’esperienza che mi ha maturato molto e mi ha forse permesso di essere qui in questo momento. Essere con l’Italia. Coinvolto in un progetto federale meraviglioso. Far crescere i ragazzi è un compito difficile. Voglio crescere insieme alla mia nazionale, dimostrando che siamo una nazione forte. Siamo 3 ct dello skeet: io, Benelli e Filippetti. Collaboriamo, ci confrontiamo valutando tutto ciò che occorre per fare e dare il meglio. Siamo un team incredibile”.

Come ha impostato il suo lavoro a partire dai primi incontri?

Ho già fatto diversi incontri con i ragazzi, li ho visti individualmente, per capire di cosa hanno bisogno e cosa fare per iniziare un rapporto di fiducia reciproca così da lavorare sulla qualità, per saper gestire la pedana dentro e fuori, con l’educazione che ogni sportivo deve avere e mantenere. Ho detto loro che voglio una squadra in cui ciascun componente si deve voler bene, l’unico avversario siamo noi stessi. Si vince tutti insieme, si perde tutti insieme, perché non vince una persona, bensì l’Italia. E noi siamo la nazionale italiana. Ho fatto una selezione però è tuttora aperta: mi riservo un po’ di tempo per decidere. Gli ultimi mesi sono stati difficili: un mio ragazzo, che seguivo da quando aveva 13 anni e mezzo, Cristian Ghilli, è tragicamente scomparso. Una perdita per tutti. Il più grande talento che c’era in Italia e non ho paura a dirlo. Lo sostengo infatti da sempre. Tutti i ragazzi ci hanno dato forza per continuare il lavoro che lui aveva fatto. Lo ricorderemo sempre”.


Tratto da: “Bellini: ‘Le maratone si vincono facendo il primo passo’”, di F.D., Caccia & Tiro 03/2022.


Sandro Bellini con il gruppo di Juniores dello skeet a un raduno invernale a Todi. “Non guardiamo al traguardo, ma staremo attenti a fare un passo dopo l’altro in ogni gara”.


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