Non me ne vogliano gli atleti, i tecnici e gli ufficiali di gara della disciplina del tiro con tutte le sue molteplici specialità, se negli ultimi tempi appaio concentrato quasi esclusivamente sulla cinofilia. D’altra parte, vorrei ricordare che anch’io – esclusa la cinofilia venatoria praticata con passione durante la stagione di caccia – appartengo alla folta categoria degli atleti del tiro e quindi credo di essere al di sopra di ogni sospetto di parzialità. Il fatto è che, nell’anno che ci siamo appena messi alle spalle, la cinofilia sportiva ha concluso quella storica “rivoluzione” politica e normativa che ha formalizzato, una volta per tutte e a scanso di equivoci, che la cinofilia sportiva si chiama Fidasc. Punto e basta. Senza se e senza ma. Tanto che, in realtà, questo mio editoriale potrebbe addirittura finire qui perché ormai, che piaccia o meno, questa non è più un’entusiasmante prospettiva o un traguardo che si intravede all’orizzonte. Al contrario, si tratta della conclusione di un percorso che è durato oltre un ventennio e che ha trasformato le aspettative e le speranze in un vero e proprio assioma: una verità sostanziale, con fondamenta scientifiche, oltre che “politiche” e normative, in grado di sostenere un intero universo sportivo con mille sfaccettature e infiniti riflessi anche sulla società. Dalla cinofilia degli “Anni verdi” al “Cane nelle scuole”; dall’ampliamento delle specialità sportive praticate insieme al cane; dal benessere animale e umano (quella, per intenderci, che è la missione di Sport e Salute), fino alla creazione di un pool di medici veterinari appositamente formati e alla codificazione del “Cane Atleta” con un particolare registro, il tragitto compiuto dalla Fidasc è stato lungo, complesso, graduale ma inarrestabile. Ed oggi, con il riconoscimento da parte del Coni e di Sport e Salute, questo percorso, che in effetti ha seguito il solco tracciato dalle specialità equestri, si è finalmente concluso, aprendo uno scenario entusiasmante i cui confini reali non sono stati ancora completamente individuati. Un panorama alla fine del quale, per il binomio atletico a sei zampe “uomo-cane”, rimane il solo e ultimo traguardo dei Giochi Olimpici. Intanto – e lo ripeto ancora una volta a scanso di equivoci – la realtà è questa: per organizzare gare cinofile con i crismi dello sport vero, e quindi del Coni e del Cio, occorrono 3 condizioni imprescindibili: prima condizione, che ad organizzarle sia una società (Asd) Fidasc; seconda, che il regolamento adottato sia quello federale recentemente aggiornato per ciascuna delle 26 specialità federali; terza ed ultima condizione, che tali competizioni siano giudicate da ufficiali di gara Fidasc che sono già operativi per alcune specialità e che sono in via di formazione con una corposa serie di complessi e articolati corsi ufficiali tenuti presso la Scuola dello Sport. Tutte le altre attività, ovviamente, rimangono e possono addirittura incrementarsi perché le potenzialità sportive (soprattutto quelle relative alla cinofilia venatoria) sono davvero meritorie, specialmente in alcune benemerite Associazioni, ma il loro carattere non può che essere, appunto, “sociale o associativo”. E rimane, altrettanto ovviamente, il prezioso lavoro dell’Enci per quanto riguarda la sua unica e fondamentale opera di associazione di allevatori a carattere tecnico-economico, con lo scopo di tutelare le razze canine riconosciute pure, migliorandone ed incrementandone l’allevamento, nonché disciplinandone e favorendone l’impiego e la valorizzazione ai fini zootecnici. Il resto è sport!
“A caccia di sport”, di Felice Buglione, Caccia & Tiro 02/2024.
Per organizzare gare cinofile con i crismi dello sport vero – e quindi del Coni e del Cio – occorrono 3 condizioni imprescindibili: prima condizione, che ad organizzarle sia una società (Asd) Fidasc; seconda, che il regolamento adottato sia quello federale recentemente aggiornato per ciascuna delle 26 specialità federali; terza ed ultima condizione, che tali competizioni siano giudicate da ufficiali di gara Fidasc.